martedì 27 gennaio 2009

Porrajmos...Shoah...Samudaripen

so di fare una divagazione sui temi di questo blog, ma come si fa a non ricordare...almeno oggi voglio correre il rischio di aumentare il tasso d'ipocrisia....ma ne vale la pena, poi gli altri giorni possiamo continuare a disprezzarci l'un con l'altro. OGGI NO!
Ricordare però non solo gli ebrei sterminati ma, insieme a loro, omosessuali, zingari, comunisti, polacchi, pentecostali, altre popolazioni slave..insomma in una parola tedesca: Untermenschen (popoli inferiori, non di razza ariana). 14.000.000 di esseri umani trucidati in svariati, brutali e cinici modi.





Lidia Beccarla Rolfi, Le donne di Ravensbrück
Testimonianze di deportate politiche italiane, p. 52.
Ho visto un bambino al Revier, uno zingaro. Aveva forse tre anni e lo avevano ricoverato insieme con un trasporto intero di zingare per una forma rara di tifo. Le forme rare di qualsiasi malattia erano studiate e prese in considerazione. Durante la convalescenza veniva al centro della camera, tutto nudo, con una collana di medagliette al collo e cantava e ballava per noi, poi stendeva la manina bruna e chiedeva qualcosa: aveva fame. Aveva il viso dolce e gli occhi quasi spenti. Stava perdendo la vista, come tutte le donne del suo trasporto.
Ho conosciuto un bambino al blocco 24, biondo, con la testa rapata e con un vestito che gli cadeva addosso. Aveva forse quattro anni, non parlava e non capiva nessuna lingua. Era un bambino che non aveva nome, e come noi portava un numero e un triangolo rosso – politico – sul petto. Non l'ho mai visto piangere e non l'ho mai sentito lamentarsi. Veniva all'appello e poi correva a nascondersi in blocco. Di notte si accucciava in un letto e cercava posto fra le braccia di qualcuno di noi. L'ho visto per una quindicina di giorni, poi è scomparso.


Primo Levi

…Emersero invece nella luce dei fanali due drappelli di strani individui. Camminavano inquadrati, per tre, con un curioso passo impacciato, il capo spenzolato in avanti e le braccia rigide. In capo avevano un buffo berrettino, ed erano vestiti di una lunga palandrana a righe, che anche di notte e di lontano si indovinava sudicia e stracciata. Descrissero un ampio cerchio attorno a noi, in modo da non avvicinarci, e, in silenzio, si diedero ad armeggiare coi nostri bagagli, e a salire e scendere dai vagoni vuoti.Noi ci guardavamo senza parola. Tutto era incomprensibile e folle. Ma una cosa avevamo capito. Questa era la metamorfosi che ci attendeva. Domani anche noi saremmo diventati così.
da SE QUESTO È UN UOMO, Opere, Einaudi
In Lager si entrava nudi…La giornata del Lager era costellata di innumerevoli spogliazioni vessatorie: per il controllo dei pidocchi, per le perquisizioni degli abiti, per la visita della scabbia, per la lavatura mattutina; ed inoltre per le selezioni periodiche, in cui una “commissione” decideva chi era ancora atto al lavoro e chi invece era destinato all’eliminazione. Ora, un uomo nudo e scalzo si sente i nervi e i tendini recisi: è una preda inerme. Gli abiti, anche quelli immondi che venivano distribuiti, anche le scarpacce dalla suola di legno, sono una difesa tenue ma indispensabile. Chi non li ha non percepisce più se stesso come un essere umano, bensì come un lombrico: nudo, lento, ignobile, prono al suolo. Sa che potrà essere schiacciato ad ogni momento.
da I SOMMERSI E I SALVATI, Opere, Einaudi
Ci siamo accorti subito, fin dai primi contatti con gli uomini sprezzanti dalle mostrine nere, che il sapere o no il tedesco era uno spartiacque. Con chi li capiva, e rispondeva in modo articolato, si instaurava una parvenza di rapporto umano. Con chi non li capiva, i neri reagivano in un modo che ci stupì e spaventò: l’ordine che era stato pronunciato con la voce tranquilla di chi sa che verrà obbedito, veniva ripetuto identico a voce alta e rabbiosa, poi urlato a squarciagola, come si farebbe con un sordo, o meglio con un animale domestico, più sensibile al tono che al contenuto del messaggio.Se qualcuno esitava (esitavano tutti, perché non capivano ed erano terrorizzati) arrivavano i colpi, ed era evidente che si trattava di una variante dello stesso linguaggio: l’uso della parola per comunicare il pensiero, questo meccanismo necessario e sufficiente affinchè l’uomo sia uomo, era caduto in disuso. Era un segnale: per quegli altri, uomini non eravamo più. (…)
da I SOMMERSI E I SALVATI, Opere, Einaudi
Così morì Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica di mettere a morte i bambini degli ebrei. Emilia, figlia dell’ingegner Aldo Levi di Milano, che era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla locomotiva che ci trascinava tutti alla morte.Scomparvero così, in un istante, a tradimento, le nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli… Li vedemmo un po’ di tempo come una massa oscura all’altra estremità dalla banchina, poi non vedemmo più nulla.
da SE QUESTO È UN UOMO, Opere, Einaudi

Sognavamo nelle notti ferocisogni densi e violentisognati con anima e corpo:tornare, mangiare; raccontare.Finchè suonava breve e sommessoil comando dell'alba:"Wstawa_";e si spezzava in petto il cuore.Ora abbiamo ritrovato la casa,il nostro ventre è sazio,abbiamo finito di raccontare.E' tempo. Presto udremo ancorail comando straniero:"Wstawa_".
Ad ora incerta – Primo Levi – 5 – pag. 530

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