sabato 29 novembre 2008

la vetrina e il retrobottega

daniela, l'unica certificazione della qualità delle relazioni con le persone te la danno le persone stesse. Tutti si affannano a creare schede di ogni tipo per convincere e convincersi che è lo strumento per certificare la vera qualità del nostro lavoro. Ci sono persone che percepiscono lauti stipendi per fare le ispezioni su questo. Ovvio che è indispensabile registrare ciò che succede ma se non metti la relazione al primo posto è tutta "vetrina". Oggi interessa solo la vetrina. I soldi sono per coloro che hanno le migliori vetrine per mettere in mostra quello che possono. Il cambiamento, migliorare lo stile di vita e la qualitò della vita, infondere gli strumenti affinchè le persone scielgano il meglio per loro, fare in modo che le persone si attivino per rendersi persone libere...non interessa più nessuno se non gli operatori stessi: ed è già un successo. Credo che l'essenza del nostro lavoro sia molto distante da quella che si vorrebbe fosse. Oggi vogliono l'operatore manager che sappia essere empatico come Don Bosco e che usi il computer come Bill Gates, che sappia comunicare come San Paolo e che sia umile dvanti al suo padrone come Gandhi, che sia un geniale imprenditore come Agnelli e sia un operaio infaticabile come Stachanov. Questo approccio serve solo a tenerti costantemente sotto scacco, a farti sentire in colpa ogni volta che vorresti sentirti normale. Credo che l'operatore debba sentirsi "libero" per poter dare speranza di "libertà". Libero di esprimersi e di esprimere il proprio pensiero come stai facendo tu. Ci sono centinaia di colleghi che continuano a stare in silenzio o a fare i "servi della gleba". Preferiscono spettegolare nei corridoi o negli uffici tra di loro. Sarà esattamente ciò che trasmetteranno ai loro utenti. Credo che si debba creare una sorta di protezione tra gli ospiti dell'associazione e i vertici della stessa. Loro sono diventati dei numeri per incasellare delle tabelle. Anche gli operatori dovrbbero separare l'aspetto educativo e l'aspetto del management. Lasciamo fare ad altri quel brutto mestiere, noi pensiamo alle nostre preoccupazioni quotidiane, al nostro retrobottega, con i nostri sentimenti ed emozioni che ci fanno apparire "raggiungibili", eguagliabili. Non esiste modello migliore di quello umano che, come tale, è fallibile.

1 commento:

  1. Più ti leggo e più capisco che su alcune cose hai la ragione che deriva dal vedere ogni giosno le storture del sociale. Ma non mi convince il tuo tentativo di raccogliere tutto in un grande fasciame da buttare.
    Alcune cose, molte, nel sociale non vanno: a livello di dipendenze, di minori, di anziani.
    La causa è, sempre, il cattivo management. Non è eliminando il management in genere, o allontanando la funzione manageriale dall'erogazione ultima, quotidiana, del servizio, che si ottiene qualcosa. Il management non ha natura buona o cattiva in sè: è il modo di gestire la funzione che può essere buono o cattivo.

    Non mi piace nemmeno questa esaltazione del lavoro troppo artigianale che mi sembra esalare dalle tue pagine: un certo spirito eccessivamente "affettivo", "emozionale", di "vicinanza" alle persone in difficoltà ha portato i peggiori danni.
    Se i sistemi di qualità servissero a quel che dovrebbero servire (renderci consapevoli che certe cose vanno fatte in un certo modo perchè funzionano meglio) ci aiuterebbero a lavorare meglio, senza cadere nell'inganno di quella relazione totale in cui alla fine l'operatore vive dell'idea di essere un "eroe" e di fare un lavoro speciale.
    Su questo si basano le cose che dici: stipendi bassi, no ferie, richieste eccessive: sull'idea di molti operatori che alla fine è bello fare un lavoro fra mille difficoltà.

    Alla fiat nessuno dice che è figo montare portiere tutto il giorno: per questo possono fare sciopero. Gli operatori invece, con questa idea malsana di essere investiti di chissà quale missione, sono cornuti, mazziati e pure soddisfatti, anche se si lamentano.

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